LE CINQUE LEGGI

DELLA GUIDA

La moto va dove guardo e si guida usando tanto le gambe.

Abbiamo visto nella lezione precedente che la curva del pilota è ben diversa da quella che normalmente siamo portati a considerare tale. La curva del pilota inizia quando inserisce e finisce idealmente al punto di corda, mentre noi “umani” siamo convinti che curva sia tutto quel tratto di pista che si percorre a moto inclinata. Questa errata concezione è alla base delle errate interpretazioni sulla “tecnica” di guida che si stanno diffondendo a macchia d’olio ormai ovunque. Perché moltissimi di noi credono che ciò che il pilota della MotoGP fa quando si approssima al  punto di corda e da lì in poi sia “guidare” la moto in curva, mentre lui sta già “guidando” da rettilineo (quello che segue). E quindi prendiamo ad imitarlo nel modo sbagliato, nel punto sbagliato, e sopratutto con la moto sbagliata…

Facciamo un passo indietro e spieghiamo ora quale è la tecnica di guida fondamentale alla quale poi i Piloti MotoGP aggiungono “accessori” che per una moto normale, guidata da un amatore (pilota non professionista) in tempi che sono lontani anni luce dai record delle piste,  non sono necessari e se male applicati possono anche diventare dannosi. La tecnica cioè che si usa per dare alla moto un preciso ordine di direzione (quindi, fondamentalmente, per inserire e percorrere la curva).

Le leggi fondamentali sono cinque.

La tecnica di guida fondamentale si basa su poche leggi. Premettiamo che per una di queste, in una particolare situazione, quando si comincia a girare sui tempi record delle varie piste, i piloti si concedono una piccola deroga, necessaria quando si gira veramente forte. Ma non è questa la sede per discuterne…

  1. la moto va dove io guardo.
  2. In moto non si tira mai, semmai si spinge.
  3. La moto si guida stando in piedi.
  4. Per dare un ordine di direzione si usano le gambe e il manubrio.
  5. Per guidare bene bisogna imparare ad usare più strumenti contemporaneamente.

La prima legge è abbastanza intuitiva. Abbiamo già sperimentato quasi tutti che se in staccata fissiamo terrorizzati lo spazio di fuga davanti a noi, finiremo per caderci dentro come pesciolini nella rete. Magari ad una velocità ridicola rispetto a chi ci sfila all’interno facendo regolarmente la curva. Questo è uno degli errori classici dei neofiti. Se guardo lo spazio di fuga, STO ORDINANDO alla moto di andare dritta… Quando inserisco la moto in curva, il mio sguardo deve essere NECESSARIAMENTE puntato sul mio prossimo obiettivo: il punto di corda della curva che sto iniziando a percorrere.

La seconda legge invece è sconosciuta e non applicata dalla maggior parte dei motociclisti: quanti di voi si aggrappano al manubrio, tirandolo, in molte fasi di guida? Quanti di voi in curva si lasciano scivolare sulla sella appendendosi alle manopole? Non potete fare niente di peggio per perdere il controllo della moto… Dal momento in cui siete aggrappati al manubrio, non potrete più fare nulla per dare un ordine di direzione alla moto… Sarete come stracci in balia del vento a 100, 150, 200 km/h…

La terza legge serve per applicare la seconda.

La terza legge, la più importante e la più sconosciuta, serve ad applicare la seconda legge. Per non aggrapparmi al manubrio mentre sono in curva e in ogni altra situazione di guida, devo continuamente sostenere il peso del mio corpo spingendo forte con le gambe sulle pedane. Se le gambe sostengono il busto, le mani possono essere semplicemente appoggiate sul manubrio in attesa di spingere, quando serve, per applicare la quarta legge. Possiamo tranquillamente dire che l’80-90% della guida della moto in pista dipende dall’applicazione corretta e costante di questa legge. Cioè dall’uso continuo delle gambe. Come fanno i fantini a cavallo, come fanno gli sciatori.

La quarta legge nasce dall’effetto giroscopico.

La quarta legge, appunto, è quella determinante, insieme alla terza, per poter avere sempre il massimo controllo della moto. Questa legge prende spunto da un fenomeno fisico: parliamo dell’effetto giroscopico. La legge dell’effetto giroscopico recita che se applico una forza sull’asse di un corpo in rotazione attorno al proprio asse, superata una certa velocità di rotazione questo corpo reagirà alla spinta inclinandosi nella direzione opposta a quella della spinta applicata.  

In poche parole succede questo: abbiamo la ruota anteriore che gira ad una certa velocità. Superata una velocità limite (che è diversa da moto a moto, perché dipende da molti fattori, come ad esempio il diametro della ruota, il suo peso, la distribuzione del suo peso, ecc ecc), la ruota comincerà ad inclinarsi nella direzione opposta alla spinta. Quindi, se sto spingendo da sinistra a destra, la ruota si inclina a sinistra. Ed essendo collegata dalla forcella al resto della moto, trascinerà con sé in piega moto e pilota. Se mentre sono in piega smetto di spingere, la reazione della ruota sarà quella di risollevarsi (sempre che abbia ancora una certa velocità).

La moto si guida in controsterzo.

Insomma, tradotto tutto questo riguardo alla moto, possiamo dire che la moto si guida in controsterzo: per piegare a sinistra devo spingere il manubrio da sinistra verso destra. Per piegare a destra devo spingere il manubrio da destra verso sinistra. E non devo temere che così facendo il manubrio si metta a ruotare attorno all’asse del cannotto di sterzo. Perché c’è sempre la legge dell’effetto giroscopico a proteggermi. Superata la velocità limite (diciamo dai 30-35 km/h in sù), il manubrio non potrà muoversi di un solo grado né a destra né a sinistra. E più vado forte, più risulterà “bloccato”. Già a 60-80 km/h potete anche prenderlo a calci, non si muoverà mai. Quello che otterrete sarà soltanto che la moto inizierà a scendere in piega, da una parte o dall’altra. Ed il bello è che la piega sarà “millimetricamente” corrispondente alla forza che state applicando al manubrio, regalandovi una precisione di guida che non avete mai sperimentato prima.

E oltre alla precisione, applicando la corretta tecnica di guida si acquisisce una incredibile velocità di discesa in piega, soprattutto se, in contemporanea all’uso del manubrio, comincerò a spingere forte sulla pedana con il piede interno alla curva, mantenendo questa spinta dal momento in cui inserisco la moto fino alla fine della curva, cioè fino al punto di corda. 

Attenzione alla spinta dei piedi: deve essere effettiva, non passiva.

Attenzione però: molti sono convinti che stanno spingendo sulle pedane perché sentono il muscolo della gamba in tensione quando si lasciano scivolare lateralmente sulla sella. Quello non è spingere. Quello è buttare il sacco di patate di un corpo inerme sulla gamba… È molto facile accorgersi se si sta operando nel modo corretto o sbagliato. Osservate le vostre spalle durante l’inserimento e la percorrenza: se rimangono parallele vuol dire che la gamba sta sostenendo il peso del corpo. Se invece la spalla interna è evidentemente più avanzata di quella interna, vuol dire che non c’è sostegno delle gambe, e le braccia sono aggrappate al manubrio. 

Anche la quinta legge è importantissima. Sulla moto e nel corpo stesso del pilota ci sono tantissimi strumenti di guida (superano abbondantemente la decina). Ed in ogni frangente devo imparare ad usarne più di uno in contemporanea se voglio avere il massimo controllo e la massima efficacia. Prendiamo ad esempio la curva. Se mettete insieme quanto appena detto, scoprirete che per farla il più correttamente possibile bisogna usare almeno tre strumenti di guida (i piloti in realtà ne usano molti di più, ma non è questo il momento di parlarne): 

  1. la spinta del piede sulla pedana interna.
  2. La spinta della mano sulla manopola interna.
  3. Lo sguardo rivolto verso il punto di corda.

Poi si usa un quarto strumento, il corpo, spostandolo verso l’interno della curva (sempre e assolutamente sostenendolo con la spinta dei piedi sulle pedane).  Ma questo spostamento, che avviene prima dell’inserimento, nella fase finale della frenata, ed è accompagnato dalla rotazione della caviglia interna per allargare il ginocchio, non si fa per dare alla moto un ordine di direzione. 

Il corpo si sposta per inclinare meno a parità di velocità di percorrenza.

Il suo uso è legato essenzialmente alla necessità di inclinare la moto il meno possibile a parità di velocità di percorrenza della curva (vedremo in seguito perché). Quindi, sempre sfruttando le leggi della fisica, spostando il peso del corpo all’interno spostiamo il baricentro del complesso moto+pilota. Limitiao così la forza centrifuga che durante la percorrenza spinge la moto verso l’esterno una volta che iniziamo a piegare. E questo ci consente di limitare l’angolo di piega a parità di velocità di percorrenza rispetto a chi non sposta il corpo. 

Ma questo argomento sarà trattato più approfonditamente nelle prossime puntate…

Segue…