Cominciamo ad analizzarla con questo primo articolo dedicato all’argomento più dibattuto della classe regina.
Per decenni le carenature delle moto da corsa sono state realizzate col solo intento di ridurre la resistenza all’avanzamento della moto. Il complesso moto-pilota doveva fendere l’aria più agevolmente possibile, cosa che consentiva di raggiungere velocità più elevate a parità di potenza rispetto a quanto possibile senza carena. Oggi la situazione in MotoGP è profondamente diversa.
Più carico sul pneumatico anteriore e maggiore possibilità di sfruttare cavalli in accelerazione.
Aggiungendo una certa energia a quella necessaria per penetrare l’aria è possibile generare forze aerodinamiche che possono essere sfruttate per migliorare il comportamento della moto alle alte velocità e quindi abbassare i tempi sul giro, penalizzando solo in lieve misura la velocità massima (e i consumi). Grazie a tali forze è possibile aumentare il carico gravante sull’avantreno e quindi l’aderenza del pneumatico. In tal modo si possono ridurre gli spazi di frenata e si può migliorare la stabilità direzionale. In accelerazione la minore tendenza al sollevamento della ruota anteriore dall’asfalto consente di aumentare la potenza che viene trasmessa al suolo dal pneumatico posteriore. La trazione migliora e la centralina può fare aprire le valvole del gas in misura leggermente maggiore; è perciò possibile scaricare a terra più cavalli, ovvero farlo prima. Questo sfruttamento dell’aerodinamica sul dritto è ovviamente il caso più semplice. La situazione infatti è molto più complessa e non riguarda solo la deportanza in rettilineo, la cui utilizzazione è stata ora descritta sinteticamente.
Tutto merito delle ali, della forma della carenatura e delle varie appendici.
Per generare le forze in questione si utilizzano apposite appendici aerodinamiche (ma anche la forma della stessa carena ha la sua importanza). Fino a poco tempo fa si trattava solo di due “ali” applicate alla parte anteriore della carena. La loro estensione non poteva essere considerevole, a differenza di quanto accade sulle auto da competizione. E poi occorreva fare i conti con il regolamento che limitava gli ingombri. Allora i tecnici hanno fatto ricorso, in aggiunta alle due principali (anteriori), ad altre ali di dimensioni più contenute. L’idea è analoga a quella che tanti anni fa ha portato per diverso tempo alla realizzazione degli aerei biplano che potevano avere una eguale portanza grazie a un maggiore numero di ali, di dimensioni minori, rispetto ai monoplani. Oltre al profilo, che nel caso delle moto è tale da creare una deportanza, dalla tecnica aeronautica vengono anche ripresi i winglets ovvero gli elementi verticali in genere presenti alle estremità delle ali. Questi ultimi spesso collegano le due sezioni parallele (superiore e inferiore) che costituiscono l’ala.
Le ali delle moto creano deportanza, quelle degli aerei crenao portanza.
Ricordiamo che con portanza si indica una spinta verso l’alto (quello che succede negli aerei). La deportanza è l’esatto contrario, ovvero una forza che agisce in senso opposto, premendo un veicolo (auto o moto che sia) verso il basso e facendo così aumentare il grip. Ciò consente di trasmettere al suolo una forza motrice più elevata senza che abbiano luogo slittamenti.
Le appendici aerodinamiche applicate ai lati della carena in genere sono chiuse esternamente da una parete verticale e hanno al loro interno l’ala vera e propria (in pratica una paratia orizzontale o leggermente inclinata). In vari casi esse suddividono i flussi e possono far compiere loro percorsi differenti. Svolgono quindi anche la funzione di convogliatori.
Oltre al baricentro, ora si deve studiare la moto anche in funzione del centro di pressione, che solitamente è più avanti e più in alto rispetto al baricentro.
Il centro di pressione è il punto nel quale si può ritenere che agiscano le forze aerodinamiche, anche se esse in effetti agiscono su più parti diverse del veicolo. In pratica ciò è analogo a quanto accade in meccanica per il baricentro, nel quale si può ritenere concentrata la massa di un corpo.
La posizione del centro di pressione rispetto a quella del baricentro della moto ha una grande importanza. In genere esso si trova più avanti e più in alto.
La deportanza creata grazie ad appendici aerodinamiche può interessare anche altre parti della moto, anche se in misura nettamente minore rispetto a quella anteriore.
La carena ormai viene disegnata anche per creare effetto Venturi in curva.
Sfruttando opportunamente l’aerodinamica è possibile influenzare pure il comportamento della moto in curva. Qui entra decisamente in gioco la forma della parte inferiore della carenatura. A moto inclinata essa viene a trovarsi a una minore distanza dal suolo; se opportunamente conformata essa può quindi creare un vero e proprio effetto Venturi (o qualcosa di assai analogo), con l’aria che viene accelerata nella zona di minore sezione e che pertanto crea una depressione. L’aria dall’altra parte (superiore) della moto è a pressione atmosferica e ciò determina una certa deportanza.
I flussi possono essere accelerati e reindirizzati anche da convogliatori appositi (flow redirectors) applicati anteriormente, nella parte inferiore della carena.
Tali dispositivi aerodinamici possono anche ridurre i vortici presenti nella scia generata dalla ruota anteriore (e quindi diminuire la resistenza aerodinamica). Anche a quest’ultima sono state dedicate notevoli attenzioni, come dimostrato da apposite schermature apparse di recente.